Appunti molto dettagliati sul libro "La società aperta e i suoi amici" di Rocco Pezzimenti. L'idea di democrazia e di società aperta discende dall'esperienza greca e romana, per questo nel libro vengono analizzate le diverse concezioni che ha assunto il potere politico a partire dall'Antica Grecia e dell'Antica Roma (con Cicerone, Platone, Polibio e Aristotele) fino al Medioevo (Tommaso d'Aquino, Giovanni di Salinsbury e Dante).
La società aperta e i suoi amici
di Luca Porcella
Appunti molto dettagliati sul libro "La società aperta e i suoi amici" di Rocco
Pezzimenti. L'idea di democrazia e di società aperta discende dall'esperienza
greca e romana, per questo nel libro vengono analizzate le diverse concezioni
che ha assunto il potere politico a partire dall'Antica Grecia e dell'Antica Roma
(con Cicerone, Platone, Polibio e Aristotele) fino al Medioevo (Tommaso
d'Aquino, Giovanni di Salinsbury e Dante).
Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-
(LUISS) di Roma
Facoltà: Scienze Politiche
Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
Esame: STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE
Docente: Rocco Pezzimenti
Titolo del libro: La società aperta e i suoi amici
Autore del libro: Rocco Pezzimenti
Editore: Soveria Mannelli: Rubbettino
Anno pubblicazione: 19951. La cultura latina e l’idea di una lega romana
1.1 La cultura latina è estremamente differente da quella greca, innanzi tutto per via degli elementi
prodromici nei confronti delle società aperte, in primo luogo il diritto, inteso in modo originalissimo:
garantisce la stabilità e, allo stesso tempo, il progresso, creando un ordine dinamico capace di adattarsi
sempre alla realtà dei tempi.
1.2 La repubblica romana è la prima società liberale della storia, soprattutto per elementi di mentalità e
cultura: i Romani non cancellano lingue e culture locali, giustificano la schiavitù con argomenti giuridici (e
non i criteri naturali dei Greci), tutelano la libertà di coscienza e il sistema dei meriti, rispettano e pongono
sullo stesso piano tutte le religioni ( Pantheon).
1.4 In sostanza, Roma non si pone come una potenza dominatrice nei confronti degli altri popoli, ma
garantisce libertà e tutela alle altre popolazioni, nonché il rispetto di tutte le stirpi della Lega Latina.
1.5 Roma (governo centrale) ha, nella Federazione, la direttiva della politica estera e militare, mentre i
singoli popoli hanno grande autonomia per tutte le questioni interne. Grazie a questa prima forma di reale
federalismo, si sviluppò un sentimento di nazionalità sconosciuto ai nemici dei Romani, anche perché Roma
rinunciò sempre a imporre tributi insostenibili anche ai nemici sconfitti (tranne pochissimi casi).
1.6 Per Roma la scelta di formare una Lega è naturale perché la città era nata all’insegna della diversità: già
l’unione delle tribù originarie aveva richiesto una lega, che garantiva la possibilità per tutti, romani o meno,
di essere considerati cittadini e di poter arrivare al regno (Servio Tullio era figlio di una serva).
Luca Porcella Sezione Appunti
La società aperta e i suoi amici 2. Il potere politico nell'antica Roma
1.7 Il re romano non è un sovrano assoluto: non esiste una dinastia perché non vi è diritto di successione;
non può confondere il bene pubblico con i suoi beni privati (e non lo farà mai neanche nessun imperatore) e
quindi lasciare territori dello Stato in eredità; la legge non è un ordine rivolto dal sovrano ai sudditi, ma una
sorta di “patto” fra di essi.
1.10 La pluralità di stirpi che caratterizza Roma fa sì che essa stabilisca garanzie in netto anticipo sugli stati
moderni: garanzia dei beni, tutela delle persone incapaci di difendere il proprio patrimonio, sicurezza dei
rapporti privati, eliminazione della vendetta, interessi dovuti dai debitori ai creditori.
1.11 La legalità è, a Roma, un elemento fondamentale e concreto: lo si vede nelle limitazioni poste ai
consoli, in carica un solo anno e poi costretti a riconsegnare il potere al popolo romano e a rendere conto del
loro operato. Esiste un’immunità circoscritta: non possono essere processati mentre sono in carica, ma
possono essere sottoposti a tribunale in seguito per crimini commessi durante il mandato.
1.12 I poteri politici si bilanciano e si limitano reciprocamente: consoli (elemento regio), senato (organismo
dai molti compiti, capace di dare stabilità), tribuni (danno voce al popolo, creano un dualismo che porta
vitalità e possibilità d’accordo col Senato nei momenti difficili). La salute dello Stato è sempre posta al di
sopra degli interessi delle parti.
1.14 Fondamentale è la distinzione tra il momento politico e quello militare: il militare non prende mai il
sopravvento sulla società civile (se non negli ultimi momenti di crisi dell’impero) e nessuno si impone mai,
a livello politico, sfruttando la forza delle armi. Quando comincia ad accadere, ci si trova già in un periodo
di grave crisi per l’ordinamento romano.
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La società aperta e i suoi amici 3. Lo Ius Romano
1.16 Lo ius romano si concretizza in primo luogo nella tutela estrema della proprietà privata, garantita fino
allo ius abutendi (diritto di distruggere la cosa posseduta), a testimoniare il fatto che la libertà di ognuno non
tollera alcun tipo di ingerenza esterna.
1.18 La proprietà non può mai essere limitata dall’arbitrio individuale, soprattutto perché essa si basa non su
speculazioni teoriche, ma sul concetto del lavoro: chi lavora, possiede la terra. In questa situazione, diventa
difficile per i nobili legittimare la loro proprietà nel momento in cui sono dei plebei liberi a lavorare la terra:
per questo, viene introdotta la schiavitù con schiavi provenienti dall’Oriente.
1.19 La schiavitù si sviluppa in concomitanza con la conquista dell’Oriente: i sudditi orientali lavorano per il
sovrano, e per gli schiavi non c’è nulla di stano nel passare a lavorare per un padrone nuovo, occidentale,
mentre questo diventa un elemento di profondo cambiamento per la cultura romana, che comunque continua
a costruire una civiltà umanitaria e cosmopolita allargando la sua cittadinanza e concedendo la libertà agli
schiavi che manifestano spirito di dedizione nei momenti difficili per la città.
1.21 La schiavitù è una condizione giuridica, non viene giustificata con criteri naturali perché UTPOTE
CUM IURE NATURALI OMNES LIBERI NASCERENTUR, tant’è che i servi hanno libertà di movimento
oltre a una serie di altre facoltà e possibilità impensabili neanche nel mondo greco, oltre che, ovviamente, in
quello orientale.
1.22 Il carattere giuridico della schiavitù è testimoniato dal fatto che, con l’atto giuridico della manumissio,
è possibile riacquistare la libertà: la natura del servo non viene confusa con la sua condizione giuridica, e
così egli può essere anche maestro, artista o altro, così come un uomo libero può diventare servo se non
ottempera ad alcuni suoi obblighi.
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La società aperta e i suoi amici 4. Il valore e la virtú nell'antica Roma
1.23 Da tutto ciò si nota il carattere “pratico” della cultura romana, contrapposto a quello “teorico” della
cultura greca: la virtù risiede nella tradizione e nel mos maiorum, non nelle dispute delle scuole di filosofia
che, come dice Cicerone, non portano mai a conclusioni definitive e possono essere condivise da pochi
uomini, mentre la legge riesce a imporsi a tutti, a frenare le ingiustizie e a evitare le affannose dispute
teoriche.
1.24 Lo studio di qualunque disciplina deve avere un valore sociale (la dimensione totale dell’uomo) oppure
risulta inutile: la filosofia, allora, non serve a estraniarsi dal mondo, ma a vivere in modo pacifico, e la pace
sociale dipende dalla certezza del diritto.
1.25 Secondo la definizione di repubblica data da Cicerone, essa si fonda su un accordo in base al quale gli
individui si associano, mossi dall’utilità, che deve essere tutelata per tutti (anche per i più deboli, che devono
poter godere della loro utilità), ma che senza il CONSENSUS IURIS non darebbe uno Stato, bensì
un’anarchia.
1.26 L’uomo naturale (per i Greci già uomo politico) è diverso dall’uomo sociale: in natura non esiste
proprietà, ma essa nasce quando una moltitudine, dandosi le leggi, diventa societas.
1.27 Per Cicerone, lo Stato nasce per la propensione sociale degli uomini a divenire un popolo e a sottrarsi
alla condizione pre-sociale in cui non esistono leggi: si fonda, dunque, sul CONSENSUS IURIS. Solo
nell’ambito di uno Stato di diritto si possono esercitare le virtù civiche e si può manifestare il dissenso
(possibile e inteso come una delle forme più alte di vita morale; tutelato nella forma della costituzione
mista).
1.30 Considerando il diritto come frutto della storia, ma anche ogni Costituzione come influenzabile dalla
volontà di chi detiene il potere, si capisce che:
1) la politica deve essere lontana dalle utopie
2) la libertà è libertà pratica, che deve essere sempre difesa ed esiste solo all’interno di uno Stato di diritto.
Luca Porcella Sezione Appunti
La società aperta e i suoi amici